E’ la corsa piu’ bella che c’è!
Questo sentivo dire della Cortina Dobbiaco. Chi la conosceva, chi l’aveva già corsa, nel rispondermi cadeva quasi in trance, occhi lucidi sorriso sognante, animo sereno. Già un po’ intrigato lessi poi il post di Mario, quello che diceva di aver già preso, a mesi di distanza, il mitico pettorale. E’ stato allora che mi son deciso, che ho tirato una riga nell’agenda da venerdì 31 a lunedì 3, ho convinto mia moglie e ho fissato l’albergo in Val pusteria. Mario ha fatto bene e orgogliosamente gli onori di casa ma lassù funziona tutto così bene che chiunque si sente a proprio agio, anche se è la prima volta.
Ma veniamo al dunque. Mattina della gara.
Ore 6.30 ritrovo alla stazione di Dobbiaco. Un porto di mare, praticamente, ma una porto di mare “tedesco”. Una processione ordinata di navette arancioni che ingoia podisti e li trasferisce a Cortina. A Cortina si arriva dopo una mezz’ora di strada che scivola via bene, fra foto, esperienze ed aneddoti dei compagni d’avventura.
Scesi dal bus si approda allo stadio del ghiaccio, bellissima struttura destinata all’hockey e agli altri sport invernali. Sia nelle tribune che nello stadio che nelle adiacenze..podisti..podisti..podisti.
Fa freddo! ci hanno dato una sorta di sacco del sudicio con le spalline, buffo ma efficace, poi guanti cappello, calzamaglia e…ultimo grido…i bracciali (si chiamano così?), frutto di una felice intuizione del giorno prima e dato il clima rigido …soldi davvero spesi bene! (Chiedere a Mario che me li ammirava battendo i denti e strarmaledicendosi per non averli acquistati a sua volta).
Depositati gli zaini nei tir ci si avvia ordinatamente verso la partenza, la seconda, quella dei pettorali verdi-podisti non top. Ultima foto ricordo con Mario prima di intrupparsi nella bolgia vociante ed eccitata dei partenti…e via!
Mario con gran stile mi saluta : vai… ci si vede a Dobbiaco….per lui, mi dice, arrivare è già una vittoria. Ha ragione da vendere dato che appena quindici giorni prima era mezz’ingessato e in quelle condizioni è stato eroico solo perché ha pensato di correre una gara… figuriamoci una 30 in salita… Lo saluto con una pacca e un sorriso, infilo le cuffie con un polpettone random classico- pop- jazz… e parto.
I primi chilometri sono abbastanza difficili, siamo veramente tanti e bisogna stare attenti a dove mettere i piedi. Lasciata la statale si piega a destra verso il mitico percorso della vecchia ferrovia che si insinua nel bosco.
Rimango subito estasiato, accanto a me ci sono fiere montagne innevate, abeti, laghetti e ghiaioni…si sale per una quindicina di chilometri fino a Cimabanche attraversando il bosco e passando anche due sugestive gallerie scavate nella roccia, illuminate con lampadine antidiluviane…si sale fino a oltre 1500 metri ma tutto sommato in modo graduale..è fattibile…;arrivati ad Ospitale c’è il controllo ed il ristoro…la salita è praticamente finita, si raggiunge ancora Cimabanche e poi atttraversato un prato erboso si riprende il sentiero sterrato ma stavolta in discesa, quella che ci porterà fino a Dobbiaco.
In discesa si possono lasciar andare le gambe ma con giudizio dato che non mancano buche e ciottoli…vario il ritmo e in discesa faccio anche qualche chilometro a 4.30-4.40, sto discretamente bene e mi piace il contesto..anche il tempo..seppur freddo… non è male…si nota anche un pallido sole. Arriviamo al primo lago…bellissimo…c’è un gruppo di olandesi che fa la claque ai compagni podisti che son giunti si qua a frotte (erano centinaia) per correre, tutti in maglia arancione.
Giunti al lago di Ledro c’è un pezzo in piano dove cambia il ritmo e le gambe si fanno un po’ sentire… ma si va comunque avanti. Dopo un po’ riprende la discesa…siamo intorno al 22, ancora 8, cazzo. Mi si avvicina un podista calvo, con una fascia elastica alla testa e una spugna infilata dentro…scambiamo due convenevoli, lui, mi dice, la corre in tre ore e quello è il ritmo giusto. Mi sento abbastanza bene e penso di poter far di meglio, forse intorno ale 2.30…e allungo un po’..
Arriviamo al lago di Dobbiaco e le gambe cominciano a farsi sentire davvero…chilometri di discesa sterrata chiedono il conto…rivedo i miei obbiettivi…i 2.30 forse un’altra volta, gli ultimi chilometri son davvero duri. Dopo un po’…infilo finalmente la strada asfaltata, manca poco ma è quel poco, che sembra non finisca più.
Ecco la gente ai lati che via via si fa più fitta fino ad un doppio muro trattenuto dalle transenne, a destra e a sinistra…imbocco il tappeto rosso…ci sono…scorgo prima Cinzia la moglie di Mario con l’inseparabile Bach e quindi, più avanti mia moglie Francesca… con la quale scambio un cinque liberatorio e festoso…cerco Giovanni ma non lo vedo…trovo la forza anche per sprintare assurdamente e infilarmi tra due olandesi..alzo le braccia…e taglio il traguardo leggendo il tempo al garmin da polso…2’41 e qualcosa……poi mi guidano verso mani a destra e sinistra che mi sfilano il chip e mi mettono una bellissima medaglia al collo…è quello il momento in cui anch’io, stanco ma felice, realizzo: Mario aveva ragione…questa è davvero la più bella corsa che c’è!
Andrea F.