I lamponi contengono tra i tanti composti attivi anche la reosmina, un chetone chimicamente corrispondente al 4-(4’-idrossifenil)-2-butanone. A questa molecola viene attribuita un’azione favorevole nel controllo del sovrappeso, ma a tutt’oggi le evidenze farmacologiche a suffragio di questo sono relativamente scarse. Il composto ha avuto un’impennata di popolarità negli Stati Uniti, grazie soprattutto alla pubblicità che gli ha fatto un medico, ospite di note trasmissioni TV e (guarda caso) titolare di un’azienda che commercializza prodotti per dimagrire a base di chetone di lampone “associato a una dieta bilanciata e all’esercizio fisico” come suggerisce il sito web. La reosmina è stata usata sin dal 1920 come aromatizzante alimentare e fragranza cosmetica; la molecola di derivazione integralmente naturale è uno degli aromi più costosi (oltre 20.000 dollari al chilo) e viene estratta non già dai lamponi (che ne contengono pochissimo) ma da altri frutti come pesche, mele, uva, dal rabarbaro e dalla corteccia di alcuni alberi. Strutturalmente è simile alla sinefrina e alla capsaicina: entrambe usate come principi attivi per favorire il dimagrimento; la prima per l’effetto simpatico-mimetico, seconda per quello termogenetico. Secondo un lavoro in vitro la reosmina favorirebbe la sintesi di adiponettina, una molecola coinvolta nel metabolismo dei grassi e degli zuccheri e nel controllo del peso. In una ricerca sugli animali la somministrazione di chetone di lampone (2 % della dieta) a topi in dieta iper-grassa previene la steatosi epatica e contrasta l’accumulo di grasso. Secondo gli autori ciò dipenderebbe da un’azione lipolitica mediata dalle catecolamine sugli adipociti. Altre ricerche in vitro e in vivo avrebbero dimostrato che la reosmina proteggerebbe dalla steato-epatite non alcolica, innalzerebbe le concentrazioni di IGF-1, avrebbe proprietà anti-androgene, antinfiammatorie e anti-melanogeniche. Uno studio-pilota su 15 volontari indicherebbe anche il chetone di lampone quale potenziale agente anti-alopecia ed elasticizzante cutaneo. Non sono disponibili, ad ogni buon conto, studi significativi per l’uso umano della reosmina né per la sicurezza né per l’efficacia; in attesa di novità la comunità scientifica sospende giustamente il giudizio e invita a non lasciarsi ammaliare dai teleimbonitori, anche se hanno la laurea.